Da sempre ci è stato detto che la pasta deve essere cotta in acqua “bollente”.

Sappiamo che l’acqua “bolle” a 100° C e, continuando a scaldare il contenitore, questa temperatura non aumenta, sino a quando l’acqua non sia completamente evaporata.

In realtà, la temperatura di ebollizione varia, per via della diversa pressione atmosferica, a seconda dell’altezza a cui ci si trova. Al livello del mare bolle a 100° C ma salendo di quota la temperatura di ebollizione diminuisce di 1 grado ogni 300 m. Quindi se ci troviamo in montagna a 2.000 metri s.l.m. l’acqua giungerà ad ebollizione a circa 93° C.

E proprio partendo dalla considerazione che la pasta cuoce anche in montagna, si comprende che non è necessario che l’acqua sia a 100°.

La cottura della pasta dipende essenzialmente da tre fattori:

  • la velocità di penetrazione dell’acqua all’interno dell’impasto;
  • la gelatinizzazione dell’amido;
  • la denaturazione e successiva coagulazione del glutine.

Tutti questi fenomeni dipendono dalla temperatura:

  • l’acqua penetra nella pasta anche a basse temperature, persino in acqua fredda, ma più la temperatura aumenta e più velocemente entra nell’impasto;
  • la gelatinizzazione dell’amido avviene tra i 60 °C e i 70 °C;
  • il glutine denatura e coagula tra i 70 °C e gli 80 °C.

Quindi, per soddisfare tutte e tre le condizioni richieste per la cottura della pasta è sufficiente che l’acqua abbia una temperatura non inferiore ad 80° C. Occorrerà solo un poco più di tempo rispetto ai canonici 100°, l’acqua idraterà l’impasto un po’ più lentamente.

Fonte: Dario Bressanini – La scienza in cucina