I salumi sono alimenti a base di carne cruda o cotta, con l’aggiunta, quasi sempre, di sale, spesso di grasso animale, erbe e spezie, oltre ad altri ingredienti, variabili a seconda del prodotto.

La carne più utilizzata è quella di suino, ma vi sono diversi salumi realizzati con carne bovina, equina, ovina, selvaggina e persino pesce.

Le carni sono impiegate in pezzi, come ad esempio nei prosciutti e nelle bresaole, o macinate come nei salami e nelle salsicce.

Se gli ingredienti sono inseriti in un “contenitore” (budello animale o sintetico), si parla di insaccati.

I salumi possono essere suddivisi in diversi modi e categorie: a seconda della carne utilizzata (suina, bovina, mista, ecc.), a seconda che siano prodotti con carni crude o cotte, a seconda della stagionatura e dell’affumicatura, a seconda che siano di carne macinata o di carne in pezzi, ecc.

Noi abbiamo optato per suddividerli unicamente in due categorie:

  1. Salumi commercializzati freschi; sono quei salumi che, salvo rare eccezioni, devono essere cucinati. Sono quindi degli ingredienti per la preparazione di diverse pietanze (bollito misto, cotechino con lenticchie, salsicce e fagioli, friarielli e salsicce, …).
  2. Salumi commercializzati pronti per essere consumati; quei salumi cioè che sono prodotti con carni cotte o che sono sottoposti ad un procedimento di stagionatura. Sono i tipici salumi da “affettato”, per l “antipasto all’italiana” o per i panini imbottiti.  Alcuni vengono anche utilizzati come ingredienti, in genere però secondari, di alcune pietanze (amatriciana, carbonara, penne zucchine e speck, …).

Salumi freschi (da cottura)

L’andouillette è un insaccato francese a base di trippe di maiale con l’aggiunta di cipolla, sale, pepe ma anche vino e altre spezie. La salsiccia viene generalmente consumata grigliata o in umido ma anche al naturale, tagliata a fettine. La versione più famosa è quella di Troyes, cittadina francese posta circa 150 km a sud-est di Parigi.

Il bardiccio è una “salsiccia” toscana con un gusto molto deciso, in conseguenza della presenza di vari aromi, tra i quali il finocchietto e l’aglio. Preparato in autunno e inverno, è prodotto con le parti meno nobili del maiale (ricche di sangue) e insaccato in budello di suino e poi legato.

Siccome nel fiorentino la carne quando scurisce si dice che è “ammattita”, il bardiccio è chiamato anche salsiccia matta.

La zone tipiche di produzione del bardiccio sono la Val di Sieve, la Val di Rufina e anche il Valdarno e il Mugello.

Il cappello del prete di suino è un prodotto di antica origine tipico della bassa piacentina e della bassa parmense. Il suo nome deriva dalla particolare forma triangolare con una bombatura nella parte centrale, che ricorda vagamente i cappelli a tre punti utilizzati in passato dai preti.

La carne utilizzata per la preparazione del cappello del prete è quella della spalla che viene salata e speziata con pepe in grani ed erbe aromatiche, inserita nella cotenna e poi stagionata (da 2 a 8 settimane) in base al clima.

Viene di norma cucinato mediante bollitura di almeno 4 ore.

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CERVELLATA CALABRESE

La cervellata calabrese è un insaccato di carne suina che, diversamente dalla tipica salsiccia calabrese, non contiene né pomodoro né peperoncino né vino rosso. La cervellata è un insaccato dove la carne è insaporita con pepe nero, vino bianco e finocchio selvatico.

L’origine del termine “cervellata” arriva presumibilmente dal francese “cervelas” (cervello), ingrediente che anticamente figurava tra i suoi ingredienti.

CERVELLATA MILANESE

 Oggi quasi scomparsa, la cervellata milanese era una salsiccia composta di carne e sangue di maiale con l’aggiunta di aromi, formaggio (cacio lodigiano) e zafferano.

Oltre che per il risotto veniva utilizzata come condimento base per molte preparazioni. La sua diffusione e utilizzo era così alta che nel dialetto milanese il salumiere era chiamato “el cervellee”.

CERVELLATINA NAPOLETANA

La salsiccia di maiale in Campania si presenta spesso più lunga e più sottile rispetto al resto d’Italia, in questo caso viene chiamata cervellatina.

Come per la cervellata calabrese, il suo nome proviene, verosimilmente, dal francese cervelas, cervello, che anticamente figurava fra i suoi ingredienti.

Oggi viene confezionata esclusivamente con carne fresca di maiale grassa e magra, macinata grossa o addirittura tagliata con il coltello (in punta “‘e curtiello”), sale e spezie essiccate, tra le quali spicca l’abbondante peperoncino. La sua preparazione prevede che la carne macellata venga poi frollata, triturata e mescolata con aromi vari, soprattutto pepe nero, per poi essere asciugata e insaccata in budella suine molto sottili e legata con spaghi in fibra vegetale.

Conserva, però, la sua caratteristica tipica che la vuole di un diametro di circa 1-2 centimetri e una lunghezza che può arrivare al metro.

La ciuiga o ciuiga del Banale nasce in Trentino centro occidentale, nelle Giudicarie Esteriori, una verde vallata tra le Dolomiti di Brenta e il lago di Garda.

È un salume preparato con carne di maiale, ovvero gola, pancetta, coppa e spalla e con l’aggiunta di un ingrediente speciale e caratteristico: le rape (la cui quantità di rape aggiunte, che con il tempo è diminuita fino al 40%).

Per preparare la ciuiga  per prima cosa si cuociono le rape in un grande paiolo. Vengono strizzate accuratamente con un torchio per eliminare la maggior quantità d’acqua possibile, perché potrebbe danneggiare la conservazione del prodotto. Si aggiunge poi la carne di maiale macinata e si dona profumo all’impasto con aglio, sale e pepe nero. A questo punto la ciuiga è insaccata nel budello, legata e affumicata lentamente per otto giorni.

Può essere consumata fresca o bollita.

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Uno dei più celebri insaccati italiani ed erede di un percorso millenario, il cotechino deve il suo nome alla pelle del maiale: la cotica (cotenna).

La cotica tritata è infatti l’ingrediente principe del cotechino. Questo ingrediente viene impastato  insieme a carne suina magra (coscia, spalla e testa), carne suina grassa (gola e pancetta), insaporito con sale, pepe, vino  e spezie (chiodi di garofano, cannella, noce moscata, ecc) e il tutto è insaccato nel budello e legato, messo ad asciugare per qualche giorno (max 2 settimane) prima di essere consumato.

La lunga cottura gelatinizza il collagene della cotenna e delle carni grasse, caratterizzandone la consistenza avvolgente ed il perfetto equilibrio tra gusto e sapidità.

Tra i numerosi cotechini esistenti quello di Modena (‘Cùdghèin’ in dialetto modenese) ha meritato il marchio IGP -Indicazione Geografica Protetta- che ne certifica e tutela le caratteristiche.

Disciplinare “Cotechino Modena” iGP

Prodotto francese della Corsica è anche detto Figatellu de I’ll de Beautè.

E’ una salsiccia affumicata a forma di “U” composta principalmente da fegato di maiale, impastato con pancia e gola di suino con aggiunta di vino rosso, aglio, sale, spezie e zucchero.

Consumato fresco cotto alla brace o crudo dopo la stagionatura.

Molto diffusa nell’area brianzola tanto da diventare oggi la luganega più famosa e conosciuta come Luganega di Monza.

Si prepara con parti grasse e magre di maiale prevalentemente ricavate dalla spalla, aromatizzata con sale, pepe, brodo e vino bianco. In particolare in quella di Monza viene arricchita con formaggio grana grattugiato. Viene insaccata in un budello ricavato dall’intestino tenue dello stesso suino e a volte di agnello per impreziosirla. Infine arrotolata a chiocciola.

Può essere consumata fresca a crudo ovvero cotta nel suo budello (al forno, arrostita sulla griglia, lessata o stufata). Tipico è il suo utilizzo nel risotto alla monzese.

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La mariola è un prelibato salame di cui ne esistono 2 versioni: cruda che viene affettata come un salame e quella cotta che assomiglia ad un cotechino dalla carne più magra.

E’ ottenuta tramite la macinatura grossa della carne più magra del maiale, lo stinco e la spalla, miscelata con cotenna tritata e mix di spezie, aromatizzata con vino bianco e aglio che forniscono a questo ottimo salume un gusto deciso e marcato. Distribuito l’impasto nel suo budello di grandi dimensioni, si procede con la stagionatura da un minimo di 90 giorni a un massimo di un anno di cantina. La carne proviene da suini di qualità allevati localmente tra le provincie di Cremona, Piacienza e Parma (Mora romagnola e Nera parmigiana).

approfondisci: Premiata Salumeria Italiana

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Salsiccia tipica maghrebina, la Merguez è un salume a base di carne di manzo o di montone molto speziata grazie all’aggiunta di peperoncino, aglio, finocchio, cumino e rhus.

Solitamente viene consumata alla griglia.

Specialità tipica piemontese (alto novarese e vercellese), conosciuta anche con i nomi di “fidighin” o “fideghina”, riconosciuta nell’elenco PAT (Prodotto agroalimentare italiano). Prodotta anche in Lombardia e nel Canton Ticino (Svizzera). Insaccato di lunga tradizione italiana risalente al 17° secolo.

Prodotta con carni di maiale miste, di vitello tritate grossolanamente con l’aggiunta di fegato, che può variare dal 2% al 15%, tritata in poltiglia, sale e pepe, spezie e aromi (cannella e chiodi di garofano bolliti nel vino rosso, noce moscata e succo di limone). L’impasto viene poi bagnato con il vin brulè e infine insaccato nel budello di maiale o di manzo.

Viene consumata cruda dopo la stagionatura o la conservazione nel grasso.

Il Pastin è un prodotto della cucina povera della provincia di Belluno di antichissima tradizione (Medioevo).

Preparato con gli avanzi dopo la macellazione del maiale tra le quali anche la pancetta e la carne magra di bovino in età avanzata, finemente tritata e mescolate con sale, pepe, aglio chiodi di garofano, cannella e vino. L’impasto ottenuto viene lavorato a mano per mescolare tutti i sapori e subito consumato a crudo spalmandolo sul pane o cotto in padella o alla brace.

Salume tipico ferrarese e di antica ricetta (1500) preparato usando principalmente capocollo, pancetta, lingua di suino e fegato, sale spezie e vino rosso e infine insaccata e stagionata per 60 giorni.

La salama da sugo è un prodotto unico dal sapore saporito e potente che può essere consumato caldo con purè di patate o freddo con fichi o melone.

La salamella è un insaccato di puro suino, tipico lombardo che viene preparato in tutto il periodo dell’anno.

Gli ingredienti usati sono la spalla e la pancetta di maiale macinata grossa, salata e aromatizzata con miscela di spezie, mescolata per raggiungere la morbidezza ottimale einfine insaccata in sottili budella di montone. Conservata per una settimana prima del suo consumo cotta in padella o alla brace.

Conosciuto al di fuori dell’area camuna come salamella, lo Strinù (bruciato) si differenzia dalla salamella lombarda per gli ingredienti dell’impasto, composto da carne mista di maiale e bovino conciata con aglio, cannella, noce moscata, sale, pepe, chiodi di garofano e vino.

Consumato fresco tagliandolo per la longitudine e cotto alla brace fino quasi alla sua bruciatura e messo in un panino.

In Brianza e a Cremona il cotechino viene chiamato Vaniglia.

Il “Vaniglia” deve il suo nome alla delicatezza e dolcezza del suo sapore  e alla stagionatura molto breve, e non alla presenza della vaniglia come ingrediente.

Di consistenza morbida ed elastica e di ottima fragranza, viene prodotto con cotenne e le carni magre del maiale, guanciale, parti della testa, sale pepe spezie e vino e insaccato nel budello naturale.

Prodotto tipico della Lombardia, di piccole dimensioni (50/60 gr.), ricavato dalle spalle e dalle pancette di carne di suino miscelate con grasso e macinate con taglio medio/grosso, aromi e spezie e successivamente insaccato in budelli naturali.

E’ un prodotto fresco, di colore roseo e con un sapore dolce e leggermente speziato.

Lo Zampone è molto diverso all’apparenza dal cotechino sebbene il contenuto sia il medesimo. La differenza è nell’involucro che contiene la gustosa miscela: la zampa di maiale, rigorosamente quella anteriore.

La cotica finemente tritata è anche l’ingrediente principe dello zampone. Questo ingrediente viene impastato  insieme a carne suina magra (coscia, spalla e testa), carne suina grassa (gola e pancetta), tritate più grosse rispetto a quelle del cotechino, insaporito con sale, pepe, vino  e spezie (chiodi di garofano, cannella, noce moscata ecc) e il tutto è insaccato nella zampa di maiale e messo ad asciugare per qualche giorno (max 2 settimane) prima di essere consumato.

Come per il cotechino, anche lo Zampone di Modena ha meritato il marchio IGP -Indicazione Geografica Protetta- che ne certifica e tutela le caratteristiche.

Disciplinare “Zampone Modena” iGP

Salumi stagionati o cotti

Insaccato che deriva dalla tradizione contadina della provincia di Chieti e  viene prodotto in piccole quantità in tutto l’Abruzzo.  Fra tutti risalta per popolarità l’Annoia di Ortona.

E’ prodotto con lo stomaco e le budella del suino. Queste parti vengono ben lavate con acqua e farina di mais, bolite e tagliate a striscioline e miscelate con peperoncino, piccante, semi di finocchio, bucce d’arancia, aglio e sale. L’impasto ottenuto viene insaccato nelle budella di maiale e il prodotto non viene stagionato.

Esteticamente è molto simile alla salsiccia e vene consumata fresca o cotta in padella o arrosto.

L’odore e il sapore sono molto intensi e dipendono molto dal mix degli aromi utilizzati nella preparazione.

Prodotto tradizionale della Lombardia ed in particolare nel territorio della Valchiavenna (SO).

I bastardei sono ottenuti miscelando carne suina, bovina e grasso di pancetta tritati finemente in particolare con il pepe e con l’aggiunta di sale, salnitro e spezie. La miscela viene poi infilata nel budello naturale di bovino ritorto in più punti, lasciato asciugare per qualche giorno e stagionato per 20/25 giorni.

Il Bacon è un salume tradizionale del Regno Unito, Irlanda, Canada e Stati Uniti.

Per produrre il bacon si ricorre a diverse parti del maiale: la pancia, la schiena, i lombi, la gola e i fianchi. La carne, poi, viene lasciata in salamoia con spezie e aromi per qualche giorno, essiccata per alcuni mesi e poi cotta in forno, al vapore, bollita oppure affumicata a freddo o a caldo. Si ottengono così diversi tipi di bacon: il back bacon, di lombo e più magro, il jowl bacon, ottenuto con la gola (simile al nostro guanciale), il cottage bacon, derivante alla spalla, lo slab bacon, proveniente da tagli minori laterali. Il bacon prodotto con la pancetta prende il nome invece di streaky bacon.

Questo salume ha ben poco a che fare con la pancetta. L’unica variante nostrana che presenta qualche somiglianza è, alla lontana, la pancetta affumicata.

In generale il bacon affumicato a freddo viene cotto prima della sua consumazione, mentre quello affumicato a caldo può anche essere mangiato senza cottura.

Spesso consumato croccante abbinato alle uova, è anche un contorno ed essendo un ingrediente versatile è utilizzato per preparare diversi piatti e anche cocktails.

Le differenze con la pancetta sono sostanziali: i tagli della carne sono diversi (per la pancetta si usa esclusivamente la pancia del suino), le diverse stagionature e soprattutto la pancetta viene consumata dopo essere stagionata, i sapori. La pancetta ha un sapore più morbidoil bacon più intenso.

La Bresaola è un prodotto di montagna, di antichissima esistenza (Medioevo). Dal 1996, la Vera Bresaola della Valtellina è garantita dal marchio comunitario IGP, Indicazione Geografica Protetta, che viene utilizzato in via esclusiva dai produttori certificati della provincia di Sondrio attenendosi al rigoroso Disciplinare di Produzione.

La vera Bresaola della Valtellina è prodotta esclusivamente con carne ricavata dalle cosce di bovino di età compresa tra i 18 mesi e i quattro anni. Le masse muscolari della coscia di bovino sono le seguenti: fesa, punta d’anca, sottofesa, magatello e sottosso.

La vera Bresaola della Valtellina segue un preciso disciplinare di produzione e le sue fasi sono: rifilatura della parti grasse e tendinose, salagione a secco con aggiunta di Sali, spezie, vino e zuccheri che ha una durata di 10715 giorni, l’insaccamento nel budello naturale, l’asciugamento e la stagionatura (da 4 a 8 settimane).

La bresaola si prepara per antica tradizione in alcune aree dell’arco alpino italiano dove l’altitudine, giocando un ruolo importante nella produzione, assicura un equilibrio climatico senza eccessi di umidità che consente la corretta stagionatura delle carni.

Capocollo, coppa e lonza vengono spesso confusi tra loro e in alcune regioni italiane la denominazione è interscambiabile, ma sono salumi molto diversi fra loro.

Il capocollo, prodotto tipico delle regioni Puglia e Calabria, si differenzia dai suoi quasi omonimi, per la cottura che richiede per la sua preparazione tempi più lunghi.

La sua preparazione inizia dalla carne del collo del maiale, da qui il suo nome, che va dalla testa al lombo, zona particolarmente ricca di grasso. E’ proprio questo grasso a rendere unico questo taglio di carne, mantenendola morbida, tenera e molto saporita. Le carni vengono poi salate, condite con erbe aromatiche e spezie e massaggiate quotidianamente per almeno 12 giorni. Successivamente il capocollo viene marinato con vino cotto, insaccato nel budello naturale, legato con lo spago e affumicato leggermente con legno d’ulivo. Infine è messo a stagionare per un minimo di 60 giorni in locali climatizzati con umidità e temperature controllate.

Il capocollo può essere consumato in molti modi: tagliato a fettine non troppo sottili  con il pane oppure abbinato con latticini freschi come la mozzarella, verdure (pomodori secchi) o formaggi tipo il caciocavallo o la scamorza.

Piatto simbolo del Trentino Meridionale (alto Garda), di antica tradizione (1.400).

La Carne salada è ottenuta da carni di manzo adulto rigorosamente magre, allevate al pascolo. Può essere fatta anche con altri tipi di carne, quali di vitello o anche di cavallo, ma la più nota carne salada è assolutamente quella di manzo. Il procedimento tradizionale per la preparazione della tipica Carne Salada prevede l’impiego dei tagli più pregiati del bovino (come la fesa di manzo o la punta d’anca) che dopo la frollatura vengono ripuliti di nervi, grasso e sezionata in tranci compatti dal peso di circa 2 o 3 kilogrammi.

Successivamente ogni pezzo viene passato a secco in una miscela di sale grosso, alloro, pepe nero, bacche di ginepro, aglio e rosmarino. La carne così trattata viene dunque riposta in speciali contenitori (attualmente d’acciaio, un tempo di legno o terracotta) che chiusi con dei pesanti coperchi comprimono per circa 25 giorni la carne permettendo l’uscita dei liquidi in eccesso (la salamoia) e la corretta assimilazione degli aromi.

Trascorso il tempo necessario, la carne viene estratta e messa a riposare in ambienti controllati per un ulteriore periodo di riposo e dunque preparata per il consumo.

Nel 2015 la Carne Salada ha ottenuto il riconoscimento De.Co., Denominazione di Origine Comunale, e a tutt’oggi gode del riconoscimento di P.A.T. (Prodotto Agroalimentare Tradizionale).

Il piatto tipico secondo la tradizione trentina è la “Carne Salada fasoi en bronzòn”: sostanzialmente le sottili fette di Carne Salada vengono presentate con un abbondante contorno di fagioli borlotti e del buon pane nero.

E’ il salume simbolo della tradizione gastronomica spagnola.

Facilmente riconoscibile per la sua caratteristica forma a “U”, per il suo intenso colore rosso e il suo gusto affumicato e soprattutto dalla presenza del “Pimenton” (paprica dolce o piccante).

La lavorazione spagnola prevede di usare carne e grasso di maiale tritati, marinati nelle spezie, fondamentalmente la paprica, quindi insaccati in un budello di intestino di maiale. Il chorizo viene poi lievemente affumicato durante la stagionatura. Alcune varianti del chorizo spagnolo prevedono anche vino, cipolla, aglio, erba cipollina o chiodi di garofano.

A seconda del tipo di carne utilizzata nella macinatura si ottengo diversi tipi di chorizzo: quello tradizionale prodotto con carne di maiale bianca non iberica, quello iberico con carne di maiale iberico e quello iberico belota con carne di suini nutriti con ghiande.

Esistono tre tipologie di chorizo: fresco consumato solo cucinato, semi stagionato può essere consumato crudo o cotto e stagionato consumato al coltello.

E’ il salume più famoso delle Marche ed in particolare della provincia di Macerata nella zona dei monti Sibillini. Nel 2006 il Ciauscolo ha ottenuto il marchio IGP (indicazione geografica protetta).

La ricetta originale segue un disciplinare ben definito: la carne, prima della lavorazione, viene conservata all’interno di celle frigorifere per un periodo di 2-10 giorni a partire dalla data di macellazione, in modo tale da raggiungere il giusto grado di raffreddamento. I tagli di carne (pancetta, spalla, rifilature di prosciutto e di lonza) vengono poi macinati almeno due volte e miscelati con spezie quali sale, pepe nero, aglio pestato. In alcuni casi viene aggiunto vino cotto o aglio insaporito nel vino. Dopo essere lavorato viene insaccato in budelli di maiale o vitello e legato con filo di canapa. Successivamente seguono le fasi di asciugatura, affumicatura e stagionatura per un minimo di 15 giorni in locali ben areati.

Il prodotto ottenuto è particolarmente morbido da renderlo spalmabile e può essere consumato spalmato su crostini di pane e abbinato bene a formaggi e vini locali.

Nel vasto panorama dei salumi nobili prodotti nel territorio parmense ce ne sono alcuni definiti poveri perché nati per utilizzare al meglio tutte le carni di maiale. Tra queste c’è la cicciolata.

Il salume si presenta in pezzi squadrati, di colore marrone con parti più chiare e altre più scure e di consistenza morbida, granulosa che si scioglie in bocca e con un sapore aromatico.

Con la sua preparazione viene recuperata quella parte di carne di maiale che altrimenti sarebbe difficile da consumare e si svolge in due fasi.  La testa viene prima bollita per ore insieme a verdure ed erbe aromatiche, poi, quando è cotta, viene tritata. A questo punto vengono aggiunti i ciccioli croccanti, pezzettini di carne dalla forma e dalla consistenza irregolare fatti con gli avanzi della produzione dello strutto e fritti in esso, oltre a sale, pepe e alloro. Il tutto viene cotto ancora per un po’, così da amalgamare bene il composto che successivamente viene avvolto in un telo di lino e schiacciato con una pressa di legno che serve a far uscire il grasso in eccesso. Infine si lascia riposare il tutto per una giornata, prima di potersi finalmente gustare questa prelibatezza che può esser conservata fino a 5 mesi.

E’ un prodotto di antichissime origini tipico di Norcia e per la sua forma ricorda i testicoli del mulo.

Viene realizzato utilizzando la carne magra del maiale (rifilatura del prosciutto, spalla e lombo) finemente macinata dove al centro viene lasciato un lardello di grasso di maiale opportunamente aromatizzato con il pepe che aromatizza la carne e ne esalta il sapore. Il tutto viene insaccato a mano nel budello naturale, legato e stagionato per 70/90 giorni per completarne il gusto.

La coppa di maiale, conosciuta anche come coppa piacentina D.O.P (Denominazine di Origine Protetta), è un insaccato ottenuto tramite un processo di lavorazione tradizionale e disciplinato.

Per la preparazione della Coppa vengono utilizzati i muscoli cervicali del maiale, quelli della zona del collo, isolati e ripuliti per poi essere lavorati.

Le fasi di lavorazione passano dalla salatura con una miscela di sale, pepe, noce moscata e chiodi di garofano, massaggiata affinché sale e spezie penetrino nei tessuti. Dopo questo passaggio le carni riposano per circa una settimana in apposite celle a bassa temperatura (3-5 gradi) e con umidità fra l’80 e l’85%.

Terminato il riposo, la coppa viene avvolta nel budello naturale, la sugna, e si procede quindi con la legatura. Segue l’operazione fondamentale: il budello della coppa viene forato in più punti per permettere all’umidità e  al liquido all’interno della carne di poter uscire fuori durante le fasi successive. : l’asciugatura e la stagionatura della coppa. La fase dell’asciugatura dura un mese e viene eseguita in stanze (essicatoi) con temperature e umidità stabili e controllate. A questo stadio entra il processo di stagionatura del salume. Le coppe maturano per un periodo dai 3 ai 6 mesi dove sviluppano pienamente le loro proprietà di gusto e sapore.

La Culaccia ® è un prodotto esclusivo del Salumicio Rossi Erre Italia srl a Sanguinaro di Fontanellato (PR), che l’ha inventata e commercializzata in esclusiva.

La Culaccia ®  è fatta solo con le cosce di maiali italiani d’alta qualità, proprio come quelle del Prosciutto di Parma e del Culatello. Prodotta con la migliore parte del prosciutto senza osso, gambo e fiocco. Dopo la lavorazione restano solo la parte muscolare della coscia, l’anchetta – il piccolo osso a forma di conchiglia – e la cotenna. Un pizzico di sale, pepe e aromi naturali e si passa alla stagionatura, tutta naturale. La produzione segue un disciplinare segreto.

A differenza del Culatello, la Culaccia ® non viene insaccata nel budello dell’animale. La cotenna protegge la carne del salume dall’eccessiva secchezza. A fine stagionatura, la parte magra esterna della coscia viene ricoperta con la sugna, ricavata dal grasso del suino: in questo modo, la carne resta morbida, anche dopo la stagionatura. Il risultato è un salume magro, con poco scarto, morbido come il prosciutto e dolce come la carne del Culatello. La Culaccia ® ha forma regolare, tondeggiante e allungata, il che consente di ricavare fette sempre uguali, dalla prima all’ultima.

Il Culatello, soprannominato “il Re dei Salumi”, è un salume DOP – Denominazione di Origine Protetta-(regolamento CE n°1263/96)

Il Culatello di Zibello nasce nella Bassa Parmense, in quella fascia di terra adagiata lungo la riva del Po. Il clima di questa zona si contraddistingue per i lunghi inverni freddi, umidi e nebbiosi, e le estati torride, calde e afose. 

L’autentico Culatello di Zibello DOP viene prodotto esclusivamente in 8 località della provincia di Parma: Zibello, Busseto, Polesine, Soragna, Roccabianca, San Secondo, Sissa e Colorno.

Il Consorzio del Culatello di Zibello stabilisce che la lavorazione oltre ad avvenire solo nella zona sopra circoscritta, deve anche essere fatta nel periodo che va da Ottobre a Febbraio e deve seguire delle fasi ben definite.

Il taglio: dalla coscia del suino adulto, private di osso e cotenna, si separa il “fiocco”, così da ricavare la parte più nobile e pregiata.

La salatura: il taglio ottenuto viene cosparso di sale e massaggiato a mano in maniera energica per consentire un assorbimento uniforme ed omogeneo. Nella miscela di salagione sono presenti anche sale, pepe (intero e/o a pezzi) e aglio. Inoltre, può essere impiegato vino bianco secco.

L’investitura: trascorso un adeguato periodo di riposo, il salume viene insaccato all’interno di una vescica di maiale.

La legatura: una volta insaccato, il culatello viene legato a mano, strettamente con corda naturale per non lasciare sacche d’aria.

La stagionatura: è un tempo lungo e delicato. Avviene in cantine umide e ben areate, deve consentire un processo lavorativo di almeno 10 mesi, ma può protrarsi anche più a lungo. L’umidità dell’aria, infatti, favorisce la lenta formazione delle muffe nobili, elemento fondamentale per ottenere un salume morbido e profumato. La stagionatura del Culatello di Zibello continua anche in estate, quando il caldo e l’afa, che sono propri delle sue zone, lo arricchiscono ulteriormente di sapore e profumo.

Al termine della maturazione si procede con i controlli finali prima di poter essere commercializzato e consumato.

La finocchiona è un insaccato tipico toscano e le sue origini risalgono al tardo medioevo. Da Aprile 2015 è riconosciuta come prodotto IGP “Indicazione Geografica Protetta”.

Per la sua produzione vengono utilizzate le parti della pancia e della spalla del maiale e i semi di finocchio, abitudine introdotta allora dai toscani per rimpiazzare il costoso pepe.

Ogni produttore si tramanda utilizza la propria ricetta segreta che rimanda alle rigide regole del disciplinare e in generale, dopo aver selezionato i migliori tagli, si passa alla speziatura dell’impasto, aggiungendo semi o fiori di finocchio, aglio, sale, pepe e, per chi vuole, il vino rosso, in quantità che possono variare all’interno di un intervallo ben definito e stabilito dal Disciplinare di produzione. Segue poi l’insaccatura e la stagionatura da un minimo di 15 giorni a un massimo di 45 giorni, a seconda della pezzatura, che consentono la maturazione degli aromi tradizionali e il mantenimento della caratteristica consistenza morbida.

Esiste anche una variante, la sbriciolona, preparata con un impasto più grossolano e una stagionatura più breve che deve essere tagliato in fette più spesse rispetto al salume più asciutto, perché tende a sgranarsi. Da qui il suo nome.

Scelta la coscia del maiale e tolto il Culatello, resta il Fiocco. Il Fiocco, noto anche come Fiocchetto, è la sezione più piccola e muscolosa della parte posteriore della coscia suina e si tratta della stessa porzione del più famoso Culatello.

Per fare il Culatello e il Fiocchetto serve la stessa porzione della coscia di maiale e quel che distingue il Fiocchetto dal Culatello è il taglio della carne. Una volta disossata la coscia suina, restano due tagli, di dimensioni diverse: il taglio più grande è più ricco di grasso ed è destinato alla realizzazione del Culatello; il più piccolo, e più magro, si trasformerà in Fiocchetto.

La lavorazione dei due salumi è sempre la stessa. Al taglio della coscia segue la rifilatura: con un grande coltello, il norcino asporta le parti di carne e grasso in eccesso, così da dare alla coscia suina la forma tipica, allungata e un po’ tondeggiante, del Culatello e del Fiocchetto. I due salumi sono senz’osso, a differenza del Prosciutto di Parma. Il Fiocchetto si differenzia inoltre dal culatello perché più magro.

Dopo la rifilatura, si passa alla salatura, all’insaccatura della carne nella vescica dell’animale e alla legatura con lo spago naturale. Lavati e asciugati, i salumi sono pronti per la stagionatura.

La stagionatura del Fiocchetto è naturale, dura sette o otto mesi e viene fatta in cantine o in appositi ambienti a temperatura e umidità controllate.

Essendo più magro del culatello il Fiocchetto potrebbe risultare al palato un po’ più asciutto e quindi lo si può accompagnare con qualche ricciolo di burro.

E’ uno dei prodotti di eccellenza della norcineria italiana.

Il Guanciale viene prodotto dal taglio del pezzo di guancia del maiale che include rigorosamente la cotenna. Successivamente viene salato, pepato e eventualmente speziato con erbe aromatiche (salvia, rosmarino ecc.). Segue il processo della stagionatura che puo’ andare dalle poche settimane ad un massimo di tre mesi. La stagionatura è una fase molto importante perché il suo gusto dipende dal corretto procedimento di invecchiamento.

In particolare per il Guanciale Amatriciano, prodotto presso Amatrice ed Accumuli nel Lazio e Campotosto in Abruzzo viene utilizzata la gola del maiale e il processo di salatura dura 5 giorni, viene speziato con il peperoncino e affumicato con legno di castagno.

Spesso il guanciale e la pancetta vengono confusi sebbene abbiano notevoli differenze:

  • Il taglio di carne;
  • La lavorazione;
  • Il tempo della stagionatura.

 Il guanciale è oggi considerato un ingrediente d’eccellenza, soprattutto per la realizzare di primi piatti.

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La Lonza è un insaccato tipico prodotto in Abruzzo e nel centro Italia. E’ il taglio ricavato dal muscolo del carrè, la zona dorsale del maiale ed in particolare è un fascio di carne situato sopra il filetto.

E’ prodotta come detto dal lombo del suino che viene selezionato accuratamente, tagliato, disossato e ripulito del grasso superficiale, massaggiato a mano con del sale, spezie ed erbe aromatiche. La carne così lavorata viene lasciata riposare e poi avvolta nel budello di maiale, legata con lo spago e stagionata per almeno 90 giorni prima di essere consumata.

La motsettamotzetta o mocëtta (in italiano mocetta) è un salume di origine antica, prodotto in Valle d’Aosta e nel Piemonte settentrionale.

Vengono utilizzati tagli carne magri, di bovino ma anche di ovino, caprino, suino o selvaggina (in genere camoscio o stambecco). La carne viene insaporita con aglio, alloro, rosmarino, salvia e altre erbe selvatiche e infine salata e ricoperta dei liquidi dalla carne stessa. Il tempo di stagionatura è molto variabile, la stessa viene infatti consumata in diversi modi, sia piuttosto fresca, generalmente tagliata al coltello, che più stagionata, tagliata molto sottile con l’affettatrice.

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Mitico salume che vive negli autogrill di tutta Italia.

Detiene due record assoluti: è il salume più conosciuto da chi viaggia in autostrada e contemporaneamente è quello meno acquistato e mangiato dagli italiani.

Non possiamo dirvi altro, perché ovviamente non lo abbiamo mai assaggiato.

“Per Heidegger la meraviglia delle collezioni barocche nasceva dalla presenza del mostruoso. I vegetali antropomorfi e le rocce viventi che facevano inorridire i nobili erano nulla di fronte al mistero della Noce di Prosciutto al Pepe. Da fuori sembra un minerale nero, compatto, cosparso di una granulosità forse radioattiva. Dentro rivela carni rosee, quasi umane. E per dimostrare questa doppia natura gli addetti dell’Autogrill aprono una Noce che poi espongono sadicamente, producendo nel pubblico le stesse reazioni delle mucche sezionate di Damien Hirst“

Tommaso Labranca

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La pitina è una polpetta di carne affumicata originaria della Val Tramontina a nord di Pordenone in Friuli Venezia Giulia.

Si tratta di piccole polpette di carne tritata di capriolo, camoscio, pecora o capra, con l’aggiunta di grasso suino, sale, aglio e pepe nero, passate  nella farina di mais e affumicate con legni aromatici.

Si consuma cruda a fettine, dopo circa 30 giorni di stagionatura, oppure rosolata nel burro e cipolla e aggiunta nel minestrone di patate oppure scottata nell’aceto e servita con la polenta o anche cotta nel latte di vacca.

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